VIVERE CON TUTTO IL CUORE

16.04.2025

LE LETTURE DEL MATTINO

Condividiamo il breve brano "Rinunciare alla lotta ti permette di vivere con tutto il cuore" di Pema Chödrön tratto dal libro "Come meditare, guida pratica per fare amicizia con la propria mente"


Uno dei tanti vantaggi della meditazione è che ci permette di guardare alla vita con curiosità e apertura, invece di considerare le complessità della vita come un terreno di lotta senza tregua.

Per lotta intendo il rifiuto della vita così com'è. È una cosa molto comune. Nella mia esperienza personale, è interessante perché trovo che non solo rifiutiamo costantemente le nostre esperienze di vita, ma molto spesso respingiamo semplicemente tutto quello che ci capita.

La dimostrazione concreta è che la nostra mente è sempre altrove. Pensiamo alla cena di domani o a una conversazione di un anno fa. Pensiamo alla nostra lista di cose da fare o a come avremmo voluto dire questo e quell'altro nella conversazione di ieri.

Rifiutare la vita non significa sempre raccontarsi chissà quale storia, come «Non sopporto questa cosa», o «Questa relazione o questo lavoro o questa macchina o qualsiasi altra cosa non va bene per me». In molti casi, possiamo anche mangiare un'intera scatola di cioccolatini con l'idea che stiamo facendo la cosa più piacevole del mondo, ma il fatto è che molto raramente ci permettiamo di mangiare anche un solo pezzettino di cioccolata in piena presenza mentale. La mente – la mente scimmia, la mente selvaggia – se ne va per conto suo. Eppure, in questo spazio di presenza aperta, che coltiviamo sul cuscino di meditazione, qualsiasi cosa si manifesti diventa un valido aiuto per esercitarsi a essere presenti.

Per arrivare a questo luogo di non lotta, permettiamo, nella nostra pratica e nella nostra vita, che ogni singola cosa che accade sia un valido aiuto per essere presenti. Questo richiede un cambiamento notevole nel nostro atteggiamento. Piuttosto che vedere tutto come un problema o un ostacolo alla felicità della vita, un ostacolo alla meditazione, o un ostacolo alla presenza (ad esempio: «Potrei essere presente se qui non ci fosse tanto rumore» o «Potrei essere presente se non sentissi tanto male alla schiena»), possiamo vederlo come un insegnante, che ci mostra qualcosa di importante da sapere.

Tutto può essere un sostegno al nostro risveglio. Siamo stati condizionati a piagnucolare e a lamentarci. Biasimare, accusare, incolpare. Una delle modalità principali del nostro non essere presenti è il biasimo. Diamo la colpa a noi stessi; diamo la colpa agli altri. Spesso vedo i miei studenti dare la colpa alle circostanze esterne o al proprio corpo e alla propria mente per il fatto che non riescono a essere presenti. Osserva la tua mente e il modo in cui vedi queste circostanze esterne in ciò che chiede la tua attenzione e la tua considerazione. Puoi farti amiche le circostanze: abbi compassione per le circostanze in cui ti trovi e per te stesso.

Cosa succede se lo fai?

Di recente mi è capitato di sentir parlare della contentezza come «la consapevolezza che tutto ciò di cui hai bisogno sta nel momento presente». L'insoddisfazione e il malcontento sono come un ronzio sullo sfondo che ci distrae dalla possibilità di accettare la vita e il momento presente. Se accogliamo nel profondo ciò che si manifesta, possiamo finalmente toccare, annusare, assaporare e sentire ciò che realmente accade.

Se smettiamo di respingere le nostre esperienze, ci allontaniamo dall'etichetta del sì e del no, del buono e del cattivo, dell'accettabile e dell'inaccettabile. Questo è un punto molto importante. È ciò che ci permette di essere pienamente coinvolti nella vita.

Non possiamo tralasciare quel che etichettiamo come «cattivo» e aspettarci che l'intera gamma di ciò che potremmo etichettare come «buono» entri comunque nella nostra vita. In altre parole, se ti metti al riparo da certe esperienze, inevitabilmente costruisci delle barriere anche rispetto a ciò che potrebbe essere positivo. Gli esercizi di meditazione ci richiamano a tornare sempre all'esperienza diretta, così com'è.

La vita, la post-meditazione, tendenzialmente presenta molti ostacoli, molte cose che possono tenerci legati. Quando la meditazione si conclude, quando scatta il timer e riposi in una consapevolezza aperta, lascia che le cose siano come sono. A quel punto, di solito già dopo qualche istante, puoi rilassarti. Ma poi arrivano i pensieri, a volte addirittura a precipizio. Prima ancora che te ne accorga, ti ritrovi stretto da un nodo. Un accadimento non è qualcosa che devi per forza etichettare come «sbagliato», «terribile» o altro: puoi semplicemente fare in modo che, qualunque cosa si manifesti, questo sia l'oggetto della tua meditazione.

La meditazione è una assoluta non-lotta con tutto ciò che emerge. I pensieri così come sono, le emozioni così come sono, le immagini così come sono, i suoni così come sono, tutto così com'è, senza aggiungere nulla.


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