
SOFFERENZA INTERPERSONALE
LE LETTURE DEL MATTINO
Condividiamo il breve brano "Sofferenza interpersonale" di Gregory Kramer tratto dal libro "Mindfulness Interpersonale"
La sofferenza interpersonale origina dai nostri rapporti con altre persone.
Rappresenta un vasto sottoinsieme della sofferenza psicologica. Gli stress con familiari, colleghi e amici sono sofferenza interpersonale. Anche la solitudine e il senso di isolamento fanno parte della sofferenza interpersonale. Ciascuno di noi la sperimenta periodicamente. Può quindi servire semplicemente riconoscere queste dinamiche all'opera, e sapere che sorgono come costruzioni della mente-cuore sensibile.
Gran parte delle nostre emozioni, piacevoli o dolorose, sorge quando siamo in relazione con le altre persone. Basta aprire un libro di psicologia sociale, di sociologia o di storia – o un qualunque romanzo – per trovare innumerevoli esempi di sofferenza interpersonale, privata o pubblica. I problemi familiari e matrimoniali sono sofferenza interpersonale, così come i problemi causati dalle relazioni nell'ambiente di lavoro, i coinvolgimenti romantici e le controversie legali e politiche.
Proviamo sofferenza interpersonale perché siamo costituzionalmente esseri relazionali: abbiamo menti protese ad afferrare e trattenere, viviamo una vita sociale piena di cambiamenti che non ci è dato di controllare. La sofferenza non può che essere il risultato naturale di tale circostanza. I sensi di colpa o di vergogna per il semplice fatto di soffrire sono pertanto fuori luogo, semmai contribuiscono ad annebbiarci la visione. Se il nostro intento è quello di essere più felici, compassionevoli, saggi e autenticamente liberi, servirà allora guardare le cose con tutta la chiarezza di cui siamo capaci.
Le varie forme di sofferenza – biologica, psicologica e interpersonale – si intrecciano strettamente tra di loro. Il tipo di sofferenza che proviamo dipende, più che dalle circostanze in sé, dal modo in cui reagiamo a esse. Per esempio, a me piace lavare i piatti; è un tipo di attività che mi dà soddisfazione, anche perché mi permette di vedere subito i risultati concreti del mio lavoro. Ma a volte faccio resistenza. La sofferenza è personale quando resisto perché avrei più voglia di leggere che di lavare i piatti. È interpersonale quando la resistenza è vissuta con rabbia, perché ci si approfitta di me e non mi si apprezza a sufficienza per tutto ciò che faccio. Un altro esempio: vergognarsi del proprio corpo è un sentimento molto personale, ma strettamente collegato a come immaginiamo che gli altri ci vedano. Sentirsi fisicamente a disagio perché si è troppo grassi o troppo magri è sofferenza personale; il disagio emotivo al solo pensiero di ciò che gli altri penseranno della forma del nostro corpo è sofferenza interpersonale. Ricordo una volta che mia moglie si accorse di avere una piccola lesione cutanea. Finché a preoccuparla furono le possibili complicazioni mediche, i disagi o i disturbi, la sofferenza fu squisitamente personale. Quando però il cruccio si concentrò sulla possibilità di restare sfigurata da una cicatrice e su come gli altri l'avrebbero vista, la sofferenza diventò interpersonale. Lo stesso accade con la malattia. Il disagio e il dolore di essere costretti a letto causano sofferenza personale. Ma sentire imbarazzo per essere costretto a farmi accompagnare in bagno da mia moglie è sofferenza interpersonale. Essere ammalati, provare malessere e avere paura di morire: sofferenza personale. Diventa interpersonale quando in procinto di morire soffriamo di dover lasciare chi amiamo o proviamo rimorso per le relazioni irrisolte.
La materia di cui è fatta la sofferenza interpersonale è vischiosa. Le persone sono complesse, le emozioni sono più mutevoli delle tempeste estive, le soluzioni non sono mai certe. Quando si ha a che fare con una malattia, una ferita o un incidente, si fa ciò che si deve fare. Magari sarà spiacevole, e non sempre sarà chiaro come agire; tuttavia si tratta in genere di situazioni meno complicate e difficili da integrare del dolore relazionale. Quando hanno diagnosticato il cancro a Zed, il mio figlio maggiore, è accaduto spesso che disagio fisico e persino paura della morte passassero per lui in secondo piano rispetto alla preoccupazione per il dolore e la tristezza della madre, ovvero di mia moglie. E noi genitori stavamo male pensando alla sua sofferenza e alla possibilità di perderlo. In quel momento l'insieme di noi tre componeva un sistema intimamente connesso di angosce intrecciate.
A mano a mano che i sistemi umani si estendono, la sofferenza da interpersonale diventa sociale. Per esempio, il dolore di una ferita d'arma da fuoco è sofferenza personale biologica; la paura della morte è sofferenza personale psicologica. Il doloroso odio verso chi ci ha sparato è sofferenza interpersonale. Il doloroso odio verso il Paese o il gruppo etnico a cui appartiene chi ci ha sparato, è sofferenza sociale. La sofferenza sociale è la manifestazione sistemica della sofferenza interpersonale, proprio come la sofferenza interpersonale è la manifestazione sistemica della sofferenza personale.
La solitudine è una forma fondamentale di sofferenza interpersonale. È la manifestazione interpersonale della nostra radicale paura del vuoto e della morte. Si presenta in forme personali e sociali allo stesso tempo ed è terribilmente diffusa. Nella solitudine personale non abbiamo un interlocutore intimo; nella solitudine sociale ci viene a mancare l'integrazione in una comunità. Cerchiamo di colmare il vuoto della solitudine consumando cibo, automobili, media e droghe. Il solo fine di stabilire contatti significativi gli uni con gli altri ci spinge a fare un consumo esorbitante di telefono e Internet, oltre a quantità esagerate di carburante e altre risorse. Un mélange in cui si muovono insieme i tre tipi di sofferenza – biologica, psicologica e interpersonale –, ciascuno dei quali può determinare comportamenti che inaspriscono e prolungano il malessere.

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